2011-12-03

tracce di fede


Tracce di fede
LUIGI DE GIOVANNI
Inaugurazione: Martedì 06 Dicembre ore 19.00
Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”, Via Umberto I - Specchia - Lecce
Introduzione: professoressa Bianca Paris
Presentazione: Antonietta Fulvio direttore responsabile Arte e Luoghi Allestimento: Architetto Stefania Branca
Organizza: Il Raggio Verde eventi d’arte (Lecce) - cell. 339 4038939
Dal 06 dicembre al 30 dicembre 2011
Orario di apertura: dalle ore 10,00 alle 13,00 - dalle ore 17,00 alle 20,00
Info: cell. 3292370646 –
e.mail: lmfedeg@libero.it 

Ragionando sulla natività...tracce di storia e di religione
Anno Domini... fuga nella Metafisica
di Antonietta Fulvio

Anno zero. Anno Domini. Comunque lo si voglia chiamare, l’inizio della cro- nologia coincidente con la nascita di Gesù Cristo segna un passaggio epocale. Spartiacque tra vecchio e nuovo, fu l’inizio del crollo della Roma imperiale che non riuscì gestire il cambiamento sociale derivante dalla diffusione del Cristianesimo. Sulla scia di queste riflessioni sulla Storia, e su alcune tra le pagine più importanti del Nuovo Testamento, nel suo atelier a Specchia, Luigi De Giovanni si sofferma a parlare mentre lentamente la tela bianca sul suo cavalletto si riempe di segni... simboli, caratteri...colori.
“L’uomo per natura è egoista e, nonostante siano passati tre mil- lenni, senza contare i precedenti, pensa solo al proprio benessere, fa niente se per raggiungerlo deve schiacciare gli altri. Non è un caso che il pesce, simbolo di Cristo nell’iconografia cristiana,
Appena un mese fa ha concluso una personale inaugurata per la Giornata del Contemporaneo dal titolo Tracce. Era partito da un’indagine sull’evoluzione di oggetti radicalmente modificati dal progresso tecnologico e usati, attra- verso anche il recupero della memoria contadina, come pretesto per riflettere sulla società. Il passato e il presente. Ma al centro sempre e solo l’uomo, comunque artefice del proprio destino ma anche strettamente legato agli altri, perché l’uomo animale sociale non può vivere da solo. Ed è in relazione
sia raffigurato in una forma ben lontana dalla stilizzazione clas- sica perché nella sua grossezza ho voluto rappresentare la falsa ambizione di essere detentori della conoscenza. Da questo punto di vista siamo ancora nelle caverne, il nostro sguardo è dentro la grotta, non fuori. Le paure ancestrali che ci portiamo dentro sono sempre in agguato, la paura del buio come della solitudine, della sofferenza, della morte opprimono il nostro esistere e rendono sempre più problematiche le nostre 24 ore”.
agli altri che l’uomo scopre le proprie capacità come i propri limiti e nel suo personale cammino lascia sempre qualche traccia dietro di sé. Tracce che vengono da un mondo interiore dove trova spazio il proprio credo spirituale e umano. Questo l’assunto di partenza di un nuovo ciclo di lavori, dedicati al tema della Natività.
Il blu, colore spirituale per eccellenza, predomina nelle tele dove elementi simbolici come le scale rappresentano una società che continua a vivere in precario equilibrio tra croci che non sono grondanti di sangue, ma bianche o azzurre rappresentano l’uomo con gli insoluti interrogativi di sempre, quelli che fecero nascere nell’antica Grecia la filosofia.... interrogativi come croci sparse nello spazio pittorico che diventa metafora del mondo, del tempo che viviamo. Il segno sempre più incisivo e materico definisce volumi che si sovrappongono sul piano in un rincorrersi di linee curve e spezzate quasi ad evocare il percorso difficile e tortuoso che è la vita per ogni singolo individuo e, per esteso, della comu- nità intera. I colori intensi, quasi violenti, diventano espressione dei sentimenti, delle passioni, delle sensazioni che affollano la mente e il cuore dell’uomo di tutti i tempi.
“Non si può non ricordare il Natale tralasciando il martirio, la morte, il motivo per cui Dio inviò suo Figlio sulla terra. La sua nascita è legata alla rinascita, alla vittoria sulla morte grazie alla Resurrezione, icona di libertà dal peccato. La figura di Pilato è emblematica come la frase che pronunciò pre- sentando il Cristo flagellato - Ecce homo disse - pensando che aver ridotto il Nazareno ad una maschera grondante di sangue fosse bastato ai farisei. Pilato avrebbe avuto il potere di cambiare il corso degli eventi ma non lo fece. Non riuscì a gestire il potere e, purtroppo anche se con formule diverse, la storia si ripete continuamente. Il Natale mi porta ad una riflessione sul ruolo del cristianesimo, sulla crocifissione che è inscindibile dalla Natività e sul senso dell’esistenza in generale.”
La natività è da sempre un tema molto frequentato nell’arte che vanta capo- lavori assoluti: dalla rappresentazione affrescata da Giotto nella Cappella Scrovegni di Padova, alla tela di Lorenzo Lotto, ad esempio, che dipinse la devozione della Sacra famiglia inserendo in un angolo buio della grotta pro- prio il crocifisso. Alla Natività, purtroppo persa, del Caravaggio che dipinse una Vergine, donna e madre ancora prostrata dalla fatica del parto mentre guarda il suo Divino Bambino: in quella posa che non ha nulla di santo è rac- chiusa tutta la santità dell’evento ma anche l’inevitabile senso del dolore, di quel presagio di morte che è scritto anche nel destino del figlio di Dio. Sovrapposta alla precedente festività pagana del Sol Invictus, o a quella Ebraica detta Hanukkah, entrambe celebrate il 25 dicembre, la nascita di Gesù Bambino è la festa che celebra il miracolo della vita, l’unico che vede protagonisti anche noi poveri mortali; ma Cristo nasce per un miracolo ancora più grande, la Resurrezione che implica il sacrificio, il dolore, la morte.
“La vita è un insieme di emozioni e sensazioni contrastanti. É amore e disperazione, gioia e dolore, ma anche lotta e tensione verso la felicità. E’ quel che io chiamo il problema delle 24 ore.” E dal destino di do- lore che Cristo trae la sua forza, ecco perché l’artista non sceglie di rappresentare il momento della nascita ma il simbolo del sacrificio, passaggio obbligato e scritto dall’Onnipotente perchè quella frattura tra Dio e l’Uomo potesse essere colmata. Come per la personale Tracce, l’artista sceglie di realizzare accanto ad alcune tele una composizione risul- tante dall’ assemblaggio di dodici moduli - 12 i mesi dell’anno, 12 gli apostoli -         un enorme quadrato dove la tradizionale rappresentazione della Natività lascia il posto ad una composizione nuova, provocatoria. Al centro della tela una grande croce, rossa. E poi la frase Ecce Homo, le sigle SPQR, INRI che campeg- giano in lungo e largo sulla tela, sovrapponendosi in alcuni punti, richiamando inevitabilmente l’attenzione sui loro significati reconditi. Il colore rosso sembra zampillare come stille di sangue, l’idea del sacrificio è intrinseca nella forma stessa della croce, affiancata da due scale: la scala di Nicodemo diventa per l’artista simbolo dello status sociale: “l’evento religioso della Crocifissione si insinua nella Storia, ne diventa parte integrante la persecuzione del Cristianesimo per la Roma imperiale fu un grande errore politico, l’inizio della fine... i Romani avevano già sconfitto altri popoli in precedenza inglobando la loro cultura; si pensi ad esempio a Cartagine, ma con Israele le cose andarono diversamente”. D’altra parte un sistema schiavista quale era l’impero avrebbe mai potuto accettare la religione che riteneva tutti gli uomini uguali? che gli ultimi sarebbero stati i primi? che bisognava amare il prossimo come se stessi?
Lo sguardo che l’artista prima rivolgeva ai luoghi dello spazio sono sempre più introiettati al proprio sentire, all’io che cerca di farsi strada tra il groviglio di pensieri che la vita stessa scatena. Ogni tanto qualche giallo/lampo di luce suggerisce il legittimo interrogativo ma una via di fuga esiste?
“É la metafisica, il sogno. - La risposta decisa dell’artista- É nella spiritualità che l’uomo ritrova il coraggio e la determinazione per affrontare i propri démoni, di vivere la propria esistenza risco- prendo la consapevolezza che la forza della rinascita è la libertà del pensiero. Come insegna il messaggio evangelico la libertà nasce dalla sofferenza, dal dolore.”


















L’allestimento curato dall’architetto Stefania Branca affianca alla modulazione pittorica un’installazione così come accaduto nelle recenti personali tenutesi nell’atelier che, da luogo di ideazione e realizzazione dell’opera, si fa anche spazio interattivo con il pubblico. In virtù di un percorso che continua, tracce di gesso renderanno bianca la pavimentazione dove tra santini e rosari, icone di fede, ognuno potrà almeno per un momento riflettere sul significato più autentico del Natale. Un natale lontano dalla festa consumistica e non solo per il clima di recessione, ma perché traccia di una spiritualità ritrovata.http://www.murmurofart.com

2011-11-16

due mostre in contemporanea




Presenta due mostre in contemporanea
Inaugurazione il 19 Novembre ore 18:00

La mostra è visitabile fino al 29 Novembre 2011

·      Shogoro artista giapponese presenta le sue ceramiche

·      Licia Stanghellini Calamai “SPECCHI DELL’ANIMA” 15 OLII SU TELA DI ULTIMA PRODUZIONE

Orari: 11:00/13:00 - 16:30/19:30

Interverrà la Toscana TV

Il giorno 28 novembre 2011 alle ore 18.00 l’artista Shogoro presenterà la “Cerimonia del profumo” di tradizione giapponese.

La mostra è a cura di Giovanna Laura Adreani

Per l’intera durata della mostra saranno disponibili in galleria i libri dell’opera letteraria dello scrittore Albo Calamai.
Con la mostra “Specchi dell’anima” l’artista evidenzia il suo animo romantico, dove i fiori sembrano volerci parlare di un intimo dialogo fra intelletto e natura.



Firenze, GALLERIA D’ARTE MENTANA
Piazza Mentana, 2/3 r, Firenze 
Tel: 055 211985 - 335 1207156 Fax: 055 2697769 galleriamentana@galleriamentana.it

2011-10-20

Finissage Il giorno 20 ottobre chiude “TRACKS – TRACCE” la personale, con performance e installazione di Luigi De Giovanni


Finissage
Il giorno 20 ottobre chiude “TRACKS – TRACCE” la personale, con performance e installazione di Luigi De Giovanni, tenutasi nello Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”, Specchia (Lecce). Evento organizzato da: IL RAGGIO VERDE di Lecce, con testo a cura di Francesca Paba e allestimento a cura di Stefania Branca.
"TRACKS – TRACCE” volge al termine lasciando nelle moltissime persone, che si sono avvicinate per vedere e vivere la manifestazione, un bellissimo ricordo - traccia. La performance, che ha visto involontariamente coinvolti tutti i visitatori, vissuta dai primi, che vi si sono avventurati con cautela, con una certa preoccupazione, ha reso le persone consce che ovunque e comunque le tracce si prendono e si lasciano. Passare sul soffice gesso, messo all’uopo nello studio, lasciarvi sopra le impronte, uscire e portarsene appresso sotto la suola delle scarpe, è stata la dimostrazione semplice che le tracce, come il DNA, i reperti archeologici e storici, fanno parte del vivere.
Il formarsi prima di alcune macchie, poi di un denso alone bianco intorno allo studio, ha confermato l’intento dell’artista che ha così dimostrato che le tracce, come le pennellate in un dipinto, si mischiano e si confondono, solo con un’attenta lettura o indagine possono essere identificate e catalogate.
Nell’unica opera pittorica di De Giovanni, esposta in modo molto originale, i segni e i colori sono diventati descrizione del suo animo e del crogiuolo di tracce che gli hanno lasciato i suoi antenati nonché le culture da lui incrociate. La sua idea del mondo è quella di una traccia continua, dove il positivo e il negativo descrivono la vita: l’uomo. L’unica opera pittorica presente racconta, quindi, l’artista, la sua storia, la sua formazione, il suo IO: DNA della sua arte. I venticinque moduli intercambiabili e fissati provvisoriamente, come tutto è provvisorio nella vita, possono essere spostati. Un solo elemento invita a una lettura globale dell’opera che descrive lo spazio, il tempo e l’evoluzione: leggibili attraverso le tracce pittoriche.
L’installazione, realizzata nello spazio più elevato dello studio, è caratterizzata da uno strato di soffice polvere di gesso dove, per descrivere le tracce nello spazio, sono state sistemate levigate pietre provenienti dalla Sardegna accostate armonicamente a quelle più ruvide del salento e per descrivere il tempo sono stati usati dei cocci di diversi periodi e un'antica tegola in maiolica con il chiodo che serviva per fissarla. Tutta la manifestazione è stata caratterizzata da un dialogo continuo fra le opere e i visitatori che sono stati sempre accompagnati a cogliere l’idea dell’artista.
I possibili percorsi d’interpretazione che hanno portato a comprendere il significato del titolo, sono stati tre. Il primo ha riguardato la lettura dell’installazione che ha raccontato delle tracce nel tempo e nello spazio, il secondo è stato quello della partecipazione alla performance per coglierne il significato e il terzo è stato quello dell’analisi dell’opera, composta da venticinque moduli-traccia.  Federica Murgia

Individuazioni XIII Edizione


Firenze, GALLERIA D'ARTE MENTANA
Piazza Mentana, 2/3 r, Firenze T: 055 211985 - 335 1207156 F: 055 2697769 galleriamentana@galleriamentana.it
Presenta
Individuazioni XIII Edizione
Artisti:
Alejandro Fernandez
Angelo Petrucci
Domenico Palopoli – Zauber
Ivan Galluzzi
Salvatore Fiume
Inaugurazione: Sabato 22 ottobre 2011 ore 18.00
Fino al 15 novembre 2011-10-10
L’impegno per l’arte della galleria Mentana di Firenze porta alla XIII Edizione dell’importantissimo evento “ Individuazioni” che, anche quest’anno, ha carattere d’internazionalità con la presenza delle opere dell’artista peruviano Alejandro Fernandez.
Un tratto distintivo è dato da artisti che hanno percorsi che li hanno resi molto conosciuti, non solo negli ambienti specializzati. I pittori e i fotografi, scelti con speciale cura, sono: Angelo Petrucci, Domenico Palopoli – Zauber, Ivan Galluzzi, Alejandro Fernandez, sono presenti, inoltre, alcune sculture di Salvatore Fiume.
Le opere in mostra rappresentano un confronto delle pluralità creative di artisti che, usando strumenti e metodologie differenti, giungono a soluzioni originali, narrate, anche, dalle nuove tecniche, che si manifestano non solo nell’essenzialità e nella raffinatezza operativa ma anche in quella ideativa e compositiva. Le particolarità stilistiche rispecchiano il mondo intimo e la spiccata personalità creativa di ciascuno e rivelano anche la coerenza nel cogliere le istanze della cultura e del tempo. Gli artisti si muovono fra figurazione, segno e astrazione. Elementi che s’intuiscono nelle cinque grandi fotografie, scattate in notturno, di Domenico Palopoli – Zauber, nelle scultoree figure di Angelo Petrucci, nei paesaggi nostalgici di Ivan Galluzzi, nelle armonie cromatiche di Alejandro Fernandez e nelle dinamiche sculture di bronzo policromo di Salvatore Fiume che, con le sue opere, dona una vena di storia dell’arte a tutta la manifestazione.
Angelo Petrucci
La figura tra spazio e materia 
Nelle masse cromatiche di corpi morbidi segnati da linee definite, che scolpiscono i soggetti dei dipinti di Angelo Petrucci, si palesano turbamenti e angosce segrete che danno  forma alle sensazioni di sessualità negata o nascosta. Nella rappresentazione di nudi, che non vogliono sottrarsi alle rotondità delle linee materne, è come se la sensualità definita venisse mortificata in immagini schermate da persiano o dalla penombra. Conscio e inconscio dialogano nei contornanti segni dei corpi senza veli, nei visi schivi o nascosti, di chi volendo sfuggire alla realtà la deve vivere. Pare che si voglia denunciare, con i toni grevi dei bruni, un mondo di sofferenza e di allontanamento di chi cerca di eludere i giudizi e i conformismi legati alla carnalità mostrata. Gli evidenti graffi, diventati ferite degli animi, segni del tempo e di angosce del vivere che hanno lasciato tracce tangibili e solo apparentemente dimenticate, vengono esaltati dalle texture ruvide dei supporti.
Domenico Palopoli – Zauber
Nelle foto di Domenico Palopoli – Zauber, ritroviamo l’attimo che afferma una sensazione capace di rispecchiare tutta l’interiorità dell’artista. Nei suoi scatti ritroviamo la sensibilità di chi ricerca l’essenza dei luoghi. Vedute di città e di natura si vestono dei colori e delle forme della spiritualità delle luci. L’istante del fotogramma racconta l’eternità del paesaggio e l’uomo. Ecco un cielo che si rispecchia in uno scorcio di mare donandogli inconsueti toni di blu che, incupendosi, virano in violacei che ci narrano di tramonti: presagi di turbamenti. La luce, che illumina lo sperone di scoglio, che pare affiorare dallo scenario, evidenzia i verdi di speranze positive che si perdono nell’acqua per riemergere, al di là dell’ombra delle rocce, tingendosi delle calde striature del calore dell’arancio. Domenico Palopoli – Zauber, con le sue inquadrature, con la scelta del momento, sa rendere originali e insoliti luoghi conosciuti.
Ivan Galluzzi
Ivan Galluzzi è un artista che ricerca la natura descrivendola con particolare sensibilità. La vena di malinconia che sembra avvolgere i suoi paesaggi, dipinti con l’amore per le cose note e familiari, fa emergere la nostalgia per i luoghi amati. Le masse di verdi striati da tocchi più chiari, grovigli inestricabili di vita, raccontano dell’uomo. I casali dai tetti rossi spioventi, che contrastano con le armonie dei colori d’estate, raccontano di vita e lavoro. I riflessi, dati da tratti di chiarismo abbacinante che illuminano cieli, acque e rivi, diventano armonia musicale di una natura incontaminata che pare gioire del concento dei colori che la animano. La campagna romagnola, dai toni smorzati, s’integra nei gialli di un trattore che, nonostante la sua mole, sembra aver sempre fatto parte del luogo. Piccole sculture, ceramiche, che raccontano la tradizione, sono il pretesto per la narrazione del suo Io che, nelle piccole cose semplici, ritrova l’armonia.

Alejandro Fernandez
Descrivendo i suoi mondi interiori narra di ricordi, non più nitidi ma scolpiti profondamente nel suo animo, che, palesandosi in cromie e segni, diventano mappa delle emozioni e di paesaggi della nostalgia. Il Perù, presente nei colori e nelle forme, sembra accompagnarlo arricchendo e non condizionando la sua idealità artistica. Nei suoi dipinti l’armonia, interrotta alcune volte da macchie scure d’inquietudine, è nel racconto suggerito, anche, dal genius del paese d’origine. Gli aranci, che lasciano emergere tracce d’ombre, mettono in risalto il racconto della striscia narrativa dove le geometrie e gli oggetti sono pretesto per la rappresentazione del suo animo che manifesta l’essenza dell’humus che l’ha nutrito. Quella di Alejandro Fernandez è una pittura solare che mostra la spiritualità del segno unito all’uso gestuale del colore, esaltato da grafismi eleganti che racchiudono l’idea dell’essenza della vita.                    Federica Murgia

2011-09-25


Luigi De Giovanni - Specchia / Firenze
Spazio espositivo: Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”, Specchia (Lecce). Info: cell. 3292370646; tel. 0833 537034 - mail: lmfedeg@libero.it - sito web: www.degiovanniluigi.com.
Titolo: Tracks: tracce -
Data del vernissage: 7 al 20 ottobre 2011, tutti i giorni dalle 17.00 alle 20.00.
Data di chiusura:  20 ottobre 2011, tutti i giorni dalle 17.00 alle 20.00.
Abstract: Luigi De Giovanni - Specchia / Firenze
“Eventi organizzati in occasione della settima edizione della Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI.”
Il giorno 8 ottobre 2011: performance che dura tutta la giornata. Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”, Specchia (Lecce), nell’ambito della mostra “Tracks: tracce” che si potrà visitare dal 7 al 20 ottobre 2011.
In mostra ci sarà un’opera composta da più moduli. Ciascun modulo è traccia dell’intera opera. Durante la performance sul pavimento dello studio verrà messa una polvere chiara che, involontariamente, i partecipanti porteranno via sotto le suole delle scarpe. Le loro orme, nelle strade circostanti, diventeranno Tracks: tracce.
Orari di apertura: tutti i giorni dalle 17.00 alle 20.00 – Ingresso libero
Orario del vernissage: 07 ottobre ore 17.00
Curatori: Testo a cura di Francesca Paba - Allestimento a cura di Stefania Branca
Organizzata da: IL RAGGIO VERDE di Lecce - info@ilraggioverdesrl.it  
Artista: Luigi De Giovanni
In occasione della settima edizione della Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI Il giorno 8 ottobre 2011, performance presso lo Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”, Specchia (Lecce) e partecipazione con evento speciale alla “COLLETTIVA DEGLI ARTISTI DEL CENTRO CULTURALE”
Presso Spazio Culturale Mentana - Via della Mosca, 5 - 50122 - Firenze.
Dall'1 ottobre al 19 ottobre 2011.
Firenze, GALLERIA D'ARTE MENTANA
Piazza Mentana, 2/3 r,  Firenze T: 055 211985 - 335 1207156 F: 055 2697769   galleriamentana@galleriamentana.it   www.galleriamentana.it

Tracks: tracce – a cura di Francesca Paba
Con questa mostra l’artista vuole evidenziare l’importanza dei segni da lui lasciati sulla tela, metafora delle bianche tracce trasmesse involontariamente dal percorso delle persone. Con i primi prende forma un dipinto con i secondi la storia grande e piccola dell’uomo.
Tracce sono quelle di un pennello carico di colori. Esse descrivono la storia intima di Luigi, mostrando non solo la sua cultura ma anche quella dei suoi antenati che ne hanno plasmato il carattere. E’ l’artista che parla nel silenzio rivelando il suo conscio e il suo inconscio.
Le sue sono pennellate di sofferenze e di gioie. Sono tracce di sentimenti che danno luogo a spirituali viola, a verdi speranze, a rosse passioni e a neri pessimismi. I colori s’incontrano creando una poesia malinconica: racconto di Luigi De Giovanni.
L’opera in mostra vuole essere espressione di antichi luoghi che conservano o sono tracce del passato: testimonianze dell’umanità non sempre riconosciute e rispettate.
Tracks nei sogni, nella sensibilità di un animo che le dipinge, nei percorsi segnati da lontani tratturi di religiosità della vita. Traccia è un frammento di coccio, ancora testimone del tempo in cui era oggetto, ci dice del lavoro, della cultura: descrive la società a cui era appartenuto.
Venticinque sono i moduli che compongono l’unica opera in mostra e ciascuno, nei segni interrotti e nei colori, racconta l’intero: il particolare che riporta al tutto, al gesto che l’ha dipinto, all’istintività dell’attimo creativo, all’intento dell’artista. L’opera è una mappa che si rifà ai segni reali di un corpo, ad un viso segnato dagli eventi, alla spiritualità nascosta, all’humus che ha alimentato Luigi.
Ogni modulo è una traccia con significato proprio. Da questo si arriva alla performance che prende senso negli inconsapevoli tracciati dei visitatori, che indicano percorsi, che indicano storie. Orme che conducono a luoghi lontani e a più lunghi cammini spirituali, che si vorrebbero mantenere segreti.
Le persone lasciano e intrecciano fisiche tracce del loro passaggio, creano nelle strade pennellate della loro andatura, dapprima dal contorno nitido e ben definito che vanno via via a sfumare. Passi, soste che, più chiaramente, raccontano del gusto di lasciare una traccia come prova di sé e della propria storia.                          Francesca Paba





2011-07-28

mostra di luigi de giovanni sutta le capanne du ripa a specchia lecce


LUIGI DE GIOVANNI

Objects – oggetti
Opere per raccontare il tempo
6 agosto / 3 settembre 2011
Inaugurazione: sabato 6 agosto - ore 19.00
Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”
Specchia LECCE
Cell.3292370646
La personale di Luigi De Giovanni è organizzata da
Il Raggio Verde edizioni ed eventi d’arte
info: 339.4038939    
Objects – oggetti
Opere per raccontare il tempo
Oggetti che segnano il tempo nelle tracce del loro uso, nella storia della tecnologia e dell’arte. Primordiali e dell’ultima generazione si confrontano, nelle opere recenti di Luigi De Giovanni, in un dialogo di continuità e di pari dignità. Pinze, tenaglie e forbici, leve del progresso, si riflettono nell’iPad e nei televisori al plasma colorandosi di funzionalità mai superate. L’umiltà e la semplicità dell’utilizzo dei primi diventa continuità nello sviluppo dei secondi: segnando l’evoluzione.
E’ partendo da questo che l’artista fa un’analisi del suo uso degli strumenti classici della pittura per narrare di oggetti che descrivono del mondo di oggi e di quello di ieri. Afferma che l’arte è una ed è legata sia alla competenza tecnica sia alla ideazione creativa, anche nelle rappresentazioni digitali, performative, nonché nelle installazioni. Ecco perché lui non disdegna le moderne espressioni, anzi le riconosce come proprie, soprattutto, in momenti che richiedono, per i suoi discorsi, la partecipazione di molte persone per arrivare, quando è per lui necessario, a performance e installazioni, che diventano racconti o denunce.
Nel mondo dell’artista la pittura è basilare; è nei paesaggi, nelle figure, nelle nature morte o meglio “vive” di fiori recisi o nell’informale con uso di jeans (presenti anche in questa mostra come supporto delle sue descrizioni), che ha significato il suo narrare interiore del tempo che passa. Le opere “Dalle leve all’iPad” rappresentano il discorso dell’oggi, dove l’uomo, in una follia totale, tende a negare il passato come superato e inutile per affermare un presente senza radici ma di apparenze.
                                                                            Francesca Paba










2010-12-14

articolo di mauro manunza sulla mostra luigi de giovanni a cagliari



MOSTRE. 
Luigi De Giovanni alla Bacheca di Cagliari: l'anima di un ex sessantottino racconta la selvaggia Barbagia di Seulo e la fine dell'utopia
Dipingendo (in jeans) la Sardegna
Lunedì 13 dicembre 2010
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al raffinato barocco del Silento al naturale espressionismo della Barbagia di Seulo il passo non è breve. Soprattutto per Luigi De Giovanni, pittore che ama i ricchi ornati della sua terra natale, che dipinge preferibilmente i selvaggi angoli del centro Sardegna e che si rifiuta di salire in aereo: ragion per cui, i periodici trasferimenti tra le dolci alture pugliesi e i ripidi tacchi del meridione barbaricino si trasformano in avventura comunque irrinunciabile.
Da quanti anni sia diventato sardo, l'artista neppure si ricorda. La doppia cittadinanza è sua misura di vita, esattamente come la sovrapposizione dell'esprimersi artistico. Nato popista, si è via via inoltrato nelle trasparenze dell'atmosfera naturale, superando poi le strutture formali per evocare immagini e sensazioni attraverso coloratissime aggregazioni astratte. Si direbbe un tormentato percorso accademico-spirituale, una coerente maturazione di ricerca, se non fosse che tanto pendolarismo pittorico si rivela infine di natura circolare. Tutto infatti continua a convivere, replicandosi senza ripensamenti né abbandoni: i jeans incollati, le geometrie disarticolate, i colori cupi e il segno rabbioso, le rappresentazioni idealizzate, le allegrie cromatiche di fiori, gli alberi primaverili, gli inni alla natura, la disgregazione di equilibri cromatici, le macchie informi che negano la figura. Nato anarchico, De Giovanni se ne andrà testardamente anarchico.
Le apparenti contraddizioni di un artista così particolare sono ora in mostra alla Bacheca di Cagliari. La parte preponderante dell'allestimento (tutte opere di quest'anno, esposte sino alla fine di dicembre) è un omaggio alla spettacolare natura seulese: paesaggi ricchi di fitta vegetazione, grovigli di rami e foglie, vallate incorniciate da creste inaccessibili, pareti che precipitano nel verde, improvvisi bagliori di torrenti e cascate, rocce, antichi lecci, ciliegi in fiore, robusti noci, ombre e luci, frastagliati orizzonti che fra cielo e terra si combattono con delicate sfumature e violente tonalità. Chi va per trekking lungo le andalas di quel paradiso quasi inesplorato può riconoscere scorci di Perdabila, Taccorì, Perdaxinonpesada; e Genn 'e Serra, dov'è la casa di Giorgio e Maria, il nido d'infanzia di Federica che è moglie del pittore.
Luigi e Federica vivono a Cagliari, ma dividono l'anno spostandosi tra Specchia, Seulo, il capoluogo sardo e i luoghi di allestimento delle mostre. Paesaggi verdi, alberi e cieli nascono barbaricini, mentre i fiori sono “nature vive” che si fanno ritrarre nella città vecchia, rione Villanova. I fiori di De Giovanni sono una continua esplosione di colori vibranti e rifrazioni solari; e sono anche un bignamino di correnti artistiche, offrendo passi che variano dal naturalismo all'impressionismo, dall'espressionismo all'astrattismo, a seconda dell'occasionale tensione dell'autore.
Tensione mai attenuata, sebbene delusa nel correre degli anni. De Giovanni era convinto sessantottino e tale un po' è rimasto nel profondo. I suoi progetti di scenografia teatrale, quattro decenni fa, sono scuri. L'adesione al pop lo converte alla pittoscultura, perciò strappa pantaloni jeans e li trasforma in quadri materici visionari, animati di colori cupi e di parole che gridano malumore sociale: morte, distruzione, sos, caos, aiuto! Le sue “urla nel buio” denunciano la caduta delle speranze, la fine dell'utopia. Tanti giovani hanno urlato assieme a lui, poi la rabbia si è attenuata, l'epopea della contestazione si è disciolta nei mille rivoli della rassegnazione, dell'ottimismo, dell'adeguamento e dell'opportunità. Anche De Giovanni è cresciuto incontrando svolte positive, ma non ha abbandonato la protesta: ecco i jeans lacerati, incollati al telaio, spennellati e accomunati da due costanti: l'ossessiva scritta “68” e una selva di scale a pioli. Sono le scale dell'arrampicamento sociale di chi, secondo lui, ha “tradito” quella spinta giovanile. Però, a distanza di tanti anni, anche le scale dipinte da De Giovanni sono inserite in ambiente di soffice luce, forse segnale di chiarimento.
MAURO MANUNZA

2010-12-11

VALORI DI CONTINUITÀ 2010-2011

Galleria D'Arte Mentana
Piazza Mentana, 2 - 3 - 4r.
50122 - Firenze

tel./fax +39 (0)55 211985
Presenta:
Valori di Continuità 2010-2011
Inaugurazione: sabato 11 dicembre 2010 dalle ore 17.30
11 dicembre 2010 – 18 gennaio 2011
“Valori di continuità” è una manifestazione artistica collettiva, a cadenza periodica, che la galleria Mentana di Firenze organizza da tanti anni e vuole essere un riconoscimento del lavoro per la divulgazione dell’arte. In quest’occasione ciascun artista presenta alcune sue opere rilevanti, che siano esplicative del loro personale modo d’intendere l’arte.
Un variegato incontro di mondi che si confrontano, che sintetizzano la vita e l’impegno per il riconoscimento di un’idea dell’arte. Pittori, scultori che interpretano il loro pensiero sintetizzandolo in dipinti e sculture di grande significato.  Una mostra che presenta l’intimo mondo di ciascuno, fatto di turbamenti, gioie e ansie: che si manifesta in colori, forme e sensazioni.
Valori di Continuità 2010-2011” è per la galleria d’arte Mentana, la Direttrice e il suo Staff, anche, un’occasione per salutare gli artisti e gli estimatori d’arte che La frequentano con un brindisi di auguri. Federica Murgia

Artisti partecipanti:

Marialuisa Sabato
Franco Lastraioli
Clara PolvanI
Vivien Schimidt
Luigi De Giovanni
Dr.George
Marcello Franceschini
Rosario Bellante
Anna Luisa Roma
BIANCA VIVARELLI
ANNIE GHERI
Angele Audibert Beltramo
Ida Coppini
Francesca Coli
Roberto Lucato
Patrizia Voltolini
Adriana Zampieri CalaNDrino
Mario Schifano
Monica Pignat
Liviana Poropat
GIAMPAOLO TALANI
Salvatore Magazzini
SERGIO BENVENUTI
JOHANNA ORAS


Galleria D'Arte Mentana
Piazza Mentana, 2 - 3 - 4r.
50122 - Firenze

tel./fax +39 (0)55 211985
Orario di apertura al pubblico
Oraio invernale: 11 - 13, 16.30 - 19.30
Chiuso Lunedì mattina e Domenica 

Domenica su appuntamento cell. 335 1207156


VALORI DI CONTINUITÀ 2010-2011

GALLERIA D'ARTE MENTANA
Piazza Mentana, 2 - 3 - 4r.
50122 - Firenze

tel./fax +39 (0)55 211985
E.mail: galleriamentana@galleriamentana.it
http://www.galleriamentana.it/
Presenta:
VALORI DI CONTINUITÀ 2010-2011
Inaugurazione: sabato 11 dicembre 2010 dalle ore 17.30
11 dicembre 2010 – 18 gennaio 2011
“Valori di continuità” è una manifestazione artistica collettiva, a cadenza periodica, che la galleria Mentana di Firenze organizza da tanti anni e vuole essere un riconoscimento del lavoro per la divulgazione dell’arte. In quest’occasione ciascun artista presenta alcune sue opere rilevanti, che siano esplicative del loro personale modo d’intendere l’arte.
Un variegato incontro di mondi che si confrontano, che sintetizzano la vita e l’impegno per il riconoscimento di un’idea dell’arte. Pittori, scultori che interpretano il loro pensiero sintetizzandolo in dipinti e sculture di grande significato. Una mostra che presenta l’intimo mondo di ciascuno, fatto di turbamenti, gioie e ansie: che si manifesta in colori, forme e sensazioni.
“VALORI DI CONTINUITÀ 2010-2011” è per la galleria d’arte Mentana, la Direttrice e il suo Staff, anche, un’occasione per salutare gli artisti e gli estimatori d’arte che La frequentano con un brindisi di auguri. Federica Murgia

Artisti partecipanti:

MARIALUISA SABATO
FRANCO LASTRAIOLI
CLARA POLVANI
VIVIEN SCHIMIDT
LUIGI DE GIOVANNI
DR.GEORGE
MARCELLO FRANCESCHINI
ROSARIO BELLANTE
ANNA LUISA ROMA
BIANCA VIVARELLI
ANNIE GHERI
ANGELE AUDIBERT BELTRAMO
IDA COPPINI
FRANCESCA COLI
ROBERTO LUCATO
PATRIZIA VOLTOLINI
ADRIANA ZAMPIERI CALANDRINO
MARIO SCHIFANO
MONICA PIGNAT
LIVIANA POROPAT
GIAMPAOLO TALANI
SALVATORE MAGAZZINI
SERGIO BENVENUTI
JOHANNA ORAS


GALLERIA D'ARTE MENTANA
Piazza Mentana, 2 - 3 - 4r.
50122 - Firenze

tel./fax +39 (0)55 211985
E.mail: galleriamentana@galleriamentana.it
http://www.galleriamentana.it/
Orario di apertura al pubblico
Oraio invernale: 11 - 13, 16.30 - 19.30
Chiuso Lunedì mattina e Domenica 

Domenica su appuntamento cell. 335 1207156

2010-11-23

mostra di luigi de giovanni a cagliari




Galleria d'arte "LA BACHECA"
Via Dei Pisani, 1 - 09124 Cagliari

Presenta
LUIGI DE GIOVANNI
Titolo: Dai paesaggi della Barbagia di Seulo ai paesaggi dell’anima
Artista: Luigi De Giovanni
Data: dal 4 al 31 dicembre 2010
Inaugurazione: sabato 4 dicembre ore 18.30
Orario: dalle 17.00 alle 20.00
Info: Tel.070 663396

e.mail: lidia@bachecarte.it
http://www.bachecarte.it/
www.degiovanniluigi.com
Luigi De Giovanni, dopo le mostre tenute a ottobre 2010 a Lecce, Lucugnano e Specchia, riguardanti il Salento, sua terra d’origine, presenta i suoi quadri, che prendono in considerazione la Barbagia di Seulo in Sardegna, sua terra d’adozione, a Cagliari.
Gli aspri territori della Barbagia di Seulo dai clivi boscosi, dai colori addolciti da un ambiente, anche umano, naturalmente accogliente, sono afflato delle sue opere che da questi luoghi è partito per dipingere paesaggi che conservassero la spiritualità del territorio.
Nella mostra, che verrà inaugurata il 4 dicembre alla galleria “La Bacheca”, ci saranno opere realizzate a Taccorì, Perdascinonpesada, Perdabila e dalla casa di Giorgio e Maria a Genneserra. Località di Seulo, che con i loro climi, sono state capaci di interloquire con l’animo dell’artista, sino a creare quel pathos leggibile nelle tele.
Nel concento di colori, nei segni, alcune volte bruschi, che seguono i profili sino a prenderne il messaggio del tempo, si trova l’artista con le sue angosce, le sue gioie, il suo modo di percepire la natura e la società.
I dipinti, dove le ombrose foreste dalle tinte digradanti sono scaldate da un contrasto d’estiva erba secca, dove gli scorci, che vanno di monte in monte, vengono interrotti dalla vegetazione più vicina che si presenta in grovigli d’arbusti, di foglie, di realtà prossima che lascia spazio all’immaginazione e alla scoperta di piccoli mondi, sintesi dell’immenso, suggeriscono una ricerca di vita coerente con la natura, dove tutto è armonia.
Le pennellate di rocce, in alcune parti levigate dal tempo in altre rese appuntite dall’azione delle intemperie, originano palcoscenici di meditati cromatismi riflessi sulle tele: diventate maestosi specchi di questo meraviglioso angolo di Sardegna.
I tacchi, dalla bassa vegetazione, che precipitano in pareti verticali che danno asilo a delle grandi varietà faunistiche e a un’incantevole vegetazione di lecci e macchia mediterranea, s’intuiscono negli orizzonti, spesso rosati. C’è una sensazione di vertiginosa compenetrazione che fa avvertire il baratro: minaccia incombente del vivere e inconscia paura dell’ignoto.
I boschi, che scendono nelle valli e nei burroni sino ai greti dei fiumi e dei tanti torrenti, sono diventati tavolozza dove un sapiente pennello ha attinto tracce di toni e di linee, solo alcune volte demarcate in modo netto, che hanno segnato magicamente un misterioso dialogo con la natura.
I paesaggi dell’animo di De Giovanni prendono forma portando il messaggio dei luoghi: il genius loci.
I pensieri dell’artista s’intuiscono nelle poesie delle tecniche a olio e ad acquerello ma diventano narrazione liberatoria nelle aggressive e disincantate tecniche miste, dove utilizza simbolici indumenti usati e materiali di rifiuto.
Le delusioni di chi sperò in una società più giusta sono impresse nei quadri di scalate sociali e con l’urlo dei Jeans che mostrano i sogni del sessantotto, tradito.
Ecco le lacerazioni, i gridi di aiuto, la ricerca di libertà, il ripetersi ossessivo di “1968”, che denunciano i tradimenti, gli arrampicamenti di scale metaforiche per arrivare al potere. In queste opere, dalle tinte forti e dalle poche linee date da violente scudisciate cromatiche che lasciano sulla tela dei solchi dolorosi e profondi, racconti di angosce e speranze, si avverte la delusione di un sognatore che non riesce ad accettare le ingiustizie, la prepotenza, la non coerenza con la natura. Il tempo è passato smorzando la forza dei sogni del 1968 e lasciando tracce di ceneri ancora bollenti.
Questa mostra diventa anche un dialogo fra le terre che lui ama.
E’, quindi, importante che questa, si faccia dopo, “paesaggiooltrepaesaggio” LECCE/LUCUGNANO/SPECCHIA, un ciclo di esposizioni, presentate da Maurizio Nocera. Diventate un modo per far conoscere il mondo dell’artista che, partendo dal paesaggio del Salento, terra d’origine, dal paesaggio enigmatico della Sardegna, terra che l’ha accolto nel suo peregrinare alla ricerca di una pace che può trovare solo in se stesso, indagando i fiori, nature morte che raccontano la vita, si è soffermato sui jeans, indumenti assorti a simbolo di una rivoluzione non solo di costume, ha presentato il suo modo d’intendere l’arte. Federica Murgia

2010-09-28

PaESAGGIOOLTREPAESAGGIO





AMACI: ASSOCIAZIONE MUSEI ARTE CONTEMPORANEA
9 ottobre 2010: Giornata del Contemporaneo Sesta edizione

PROVINCIA DI LECCE - COMUNE DI SPECCHIA LECCE

LECCE/LUCUGNANO/ SPECCHIA

LUIGI DE GIOVANNI
9/23 Ottobre 2010paesaggiooltrepaesaggio
Un ciclo di esposizioni che mette in luce il mondo dell’artista che, partendo dal paesaggio del Salento, terra d’origine, dal paesaggio enigmatico della Sardegna, terra che lo ha accolto nel suo peregrinare alla ricerca di una pace che poteva trovare solo in se stesso, indagando i fiori, nature morte che raccontano la vita, si sofferma sui jeans, indumenti che hanno significato una rivoluzione non solo di costume, presenta il suo modo d’intendere l’arte in tre mostre che vogliono essere percorso del suo animo, delle sue angosce, del suo modo di percepire la natura e la società.

PAESAGGIOOLTREPAESAGGIO
personale di pittura
Luigi De Giovanni
Puglia e Sardegna, luoghi amati, sognati.
Una ricerca pittorica per indagare con sensibilità luoghi geografici e dell’anima trasferendo sulla tela infinite emozioni.
9-23 ottobre 2010
Vernissage 9 ottobre 2010 ore 18.00
Interviene Simona Manca
Vicepresidente Provincia di Lecce e Ass. alla Cultura
Antonio Biasco Sindaco di Specchia
Galleria Bernardini
Testo a cura di: Maurizio Nocera
22 Ottobre 2010
Laboratorio con il maestro Luigi De Giovanni sul paesaggio nell’arte contemporanea rivolto ai bambini e ragazzi della città di Lecce

LUCUGNANO (TRICASE)
14 ottobre CASA COMI ore 17,30
“L’arte contemporanea del 900 nel Salento”
Interventi
Alessandro Laporta
Maurizio Nocera
Apertura della mostra
“La poetica dei fiori” di Luigi De Giovanni
Vernissage 14 ottobre ore 19,30
Interviene Simona Manca Vicepresidente Provincia di Lecce e Ass. alla Cultura
14-23 ottobre 2010



LECCE/LUCUGNANO/ SPECCHIA
9/23 Ottobre 2010

SPECCHIA
Jeans: le visioni pittoriche di Luigi de Giovanni

15/23 ottobre
Capanne dellu Ripa a Specchia
15 ottobre laboratorio con il maestro Luigi De Giovanni sul paesaggio nell’arte contemporanea rivolto ai bambini e ragazzi della città di Specchia
Sono previsti in mattinata itinerari guidati e in serata
visita della mostra allestita a Casa Comi (Lucugnano)
Segreteria organizzativa
Il Raggio Verde edizioni ed eventi d’arte
info: 339.4038939
www.ilraggioverdesrl.it
info@ilraggioverdesrl.it

PROFUMO DI FIORI
I fiori, i paesaggi e le nature morte di Luigi De Giovanni

Mi chiedo: ma quand’è che ho incontrato il pittore Luigi De Giovanni? È accaduto, almeno credo, qualche anno fa a Cardigliano di sopra (Specchia), la mitica “città” Guisnes
dei sogni miei e di Antonio L. Verri. Negli anni ‘70/80, quando ancora Cardigliano era solo preda del vento, dei cani randagi e di qualche incontro d’amanti ingannevoli (chi mai può dimenticare le centinaia di graffiti, segni e grossolani dipinti erotici che ornavano le pareti dei capannoni, che un tempo erano stati usati come magazzini per stendere le foglie di tabacco a seccare). Cardigliano di sopra era stato anche nostro luogo d’incontro, perché il Verri l’aveva scelto come scenografia di riferimento per uno dei suoi romanzi più belli, “I trofei della città di Guisnes”. Oggi Cardigliano è un’altra cosa: è un villaggio dall’aspetto urbanistico fresco e lindo, con un’altissima pala eolica e le vecchie dimore restaurate assieme a quella deliziosa chiesetta al centro della grande strada, che noi consideravamo una piccola basilica di San Marco nella campagna leccese. È nella nuova Cardigliano di sopra che, una sera d’un’estate di qualche anno fa, ho incontrato il pittore Luigi De Giovanni. Esponeva le sue ultime opere: fiori e paesaggi salentini e sardi. Il Salento e la Sardegna sono i luoghi dell’anima del pittore, in essi egli vive e opera, attraverso essi il suo pensiero d’artista si libera e corre veloce verso soluzioni cromatiche che stupiscono. Alle amiche (Giusy Petracca e Antonietta Fulvio) de Il Raggio Verde, la casa editrice che organizzava l’evento-mostra a Cardigliano, dissi subito che ero incantato, spaesato, in trance. Davanti ai dipinti di De Giovanni avvertivo una strana sensazione percettiva: magicamente, le mie narici s’inebriavano del profumo di quei fiori che vedevo dipinti. Davanti al grande vaso di girasoli (un chiaro omaggio a Van Gogh) ho sentito spargersi dal dipinto il tipico profumo acre del fiore americano; e davanti al dipinto di alcuni mandorli con i fiori appena sbocciati, sono stato avvolto dal profumo della primavera che arrivava (il mandorlo dalla nostre parti, in Salento, ma anche in Sardegna, fiorisce già in gennaio, cioè quando ancora è inverno pieno e la nuova stagione lo coglie appunto nel sorriso dei suoi fiori); e ancora, davanti ai vasi con i fiori di campo, mi sono sentito confuso nelle quadricromie dei lentischi, mirti, timi; e stupito tra i fiori delle calendule arvensis, dei papaveri di ogni dimensione, dei gialli alissi di Leuca; e ancora davanti ai becchi di gru di gussone, bocche di lupo, garofanini salentini, foglie di borragine arrossata, gialle ginestre spinose a più non posso; e ai cardi a capolini rossi, e ancora davanti a tantissima erica pugliese con i suoi delicati fiorellini rosei con corolla campanulata; infine, mi sono sentito perduto in quel roseo-violaceo dei fiori della legousia speculum-veneris; e in tanti, tanti altri colori di fiori degiovannei. L’artista diede pure dei titoli a quei suoi dipinti che ancora tengo effigiati sul palcoscenico della mente. Si tratta di titoli che a rileggerli oggi nel bel catalogo “Luigi De Giovanni / Le vibrazioni della natura” (Firenze 2000)” supportato dalla Galleria d’arte Mentana e curato da Paolo Levi, mi sospingono ad esperienze fantastiche, a sollecitazioni che mi fanno sognare mondi sorretti ancora dal desiderio di vivere, che mi incitano a ben sperare nella bellezza della vita. “Il davanzale” è un dipinto con vasi di fiori su un tavolo davanti ad un’idea di finestra; “Risveglio” è un dipinto con due alberelli di mandorli in fiore su un declivio dalle differenti tonalità del verde; “Primavera a Seulo” è il trionfo del giallo dei fiori d’acacia che prorompe dal dipinto spargendosi nella vastità dello sguardo dell’ammiratore; “l’Ogliastra” è un tenero paesaggio sardo con montagne che baciano il cielo; e ancora “Ulivi a Specchia”, dipinto dal quale è possibile percepire la sofferente contorsione dei tronchi degli alberi d’ulivo, albero caro alla vergine Athena, ed alberi che ci dicono che nella città natale dell’artista, Specchia appunto, nel mitico Capo di Leuca, la vita, non sempre facile, ha comunque il colore del verde, anzi verdissimo come forte richiamo alla speranza. Ma l’incanto e la mia trance toccano la vetta del sentimento davanti al dipinto “La casa del vento”, dove la maestria dell’artista ha prodotto una policromaticità che s’interseca con la variabilità degli umori dell’uomo ammiratore,
sorretto dalla nostalgia del tempo perduto: si tratta di una casina rosea (mi viene in mente quella sull’isola dell’esilio di Pablo Neruda, il grande poeta cileno, nel film “Il postino” del sempre caro Massimo Troisi), sperduta su un limitare di costa salentina con appena una traccia di mare in una variopinta cromaticità di macchia mediterranea con fiori e colori dell’intera iride. Paolo Levi ha scritto che «Luigi De Giovanni [è un] artista romantico e intimista, [che] porta in luce con sguardo meticoloso gli angoli più solari di una campagna che palpita di colori, di riflessi luminosi, di orizzonti lontani, dove l’occhio ormai si perde in un’onirica trasfigurazione». Quanto afferma il critico d’arte non solo è vero, ma lo è tanto di più da farlo percepire persino ad uno spettatore sprovveduto dell’opera dell’artista, sempre solare e aperto ai giuochi delle “forme” del colore che, come sappiamo, emergono con sfolgorio dalle raffigurazione dei fiori, delle nature morte, dei paesaggi che egli, indubbiamente poeta del pennello, adagia con determinazione sulla tela. Anche Mauro Manunza coglie bene il senso della pittura di De Giovanni quando con lievità avverte il lettore che «i colori forti, rabbiosi, gli incastri di luminosità accompagnano ancor oggi la sintassi descrittiva di Luigi De Giovanni che dalle impressionanti tempere di tanti anni fa ha ricavato l’esperienza pop, le geometrie, i vortici, le tecniche miste, i jeans, la cartapesta, la juta, l’urlo visualizzato della disperazione psicopatica». Manunza cita un fare arte dell’artista che è davvero sorprendente, dove il risultato pittorico va oltre lo stesso buco bruciato sulla juta nell’opera di Burri. Un solo esempio, affascinante, travolgente, che incolla lo spettatore all’opera, è quando ci si trova davanti ai suoi dipinti sui Jeans, i cui colori e le cui pennellate sono colpi di sciabola sui dispiaceri, sulle sofferenze del mondo, soprattutto in quel mondo fatto di miseria, di discriminazione, di violenza gratuita. L’affermazione di Nicola Nuti («per Luigi De Giovanni quella pittorica rimane l’attività espressiva più efficace e intima, la più gratificante in termini poetici». E sì, anche questo è vero, perché, soprattutto nei dipinti di fiori, nature morte e paesaggi salentini e sardi, non si può raggiungere un livello così alto di espressività policromatica se non si è poeti, se non si è masticata l’aspra foglia del verso che si fa armonia.
Mi fa riflettere la nota critica di Tommaso Paloscia, scritta nell’ormai lontano 1995, quando afferma che «i fiori, splendidi termini di un linguaggio che ha radici profonde nella coscienza di De Giovanni e che torna alla luce, finalmente, quando l’ossessione delle elaborazioni mentali si cheta. Riacquista così nella semplicità dell’espressione meridionale la forza in cui riemerge la purezza del mito che ha nutrito nei millenni la gente di Puglia». Anche in questo caso si tratta di una costatazione certa, perché è proprio così, la Puglia, e di essa quella parte che ha visto nascere l’artista, il Salento, altro non è che un ancestrale grumo di miti fatto di colori, di fantasmi che vagolano sui cornicioni delle case di pietra, di monaci basiliani che di notte, come certe notti di qui, di luna piena, se ne vanno silenziosi per coste marine alla ricerca della pietra della conoscenza e, a loro volta, si incontrano con fate ed elfi che anche loro vanno alla ricerca di nascondigli dove ripararsi dagli sguardi cattivi dell’uomo nero. Luigi De Giovanni è nato in questi luoghi, tanto da pensare alla sua pittura come quella di un elfo, “invasato” da una fantasia di colori che la forza della speranza proietta sulla tela. Su un catalogo del 1998, Salvatore Antonio Demuro scrive che «i fiori nei vasi paiono rincorrersi in una massa cromatica pulsante di vita, ritmati incalzati dagli stimoli interiori del pittore che comunica immagini poetiche». E qui siamo nuovamente alla poesia, cosa che ci fa dire definitivamente che la pittura di Luigi De Giovanni è il canto melodioso di un poeta che al posto delle parole usa i colori, usa i segni vibrati sulla tela.
Per questo ha ragione la signora Giovanna Laura Adreani quando scrive che «il mattino, quando ancora la giornata deve prendere fisionomia, con i suoi silenzi e i momenti di sospensione, è un momento magico per l’artista, perché proprio allora s’intraprende il colloquio fra tela, luce e colore. Il cavalletto accanto alla finestra, da dove irrompe la luce con cui stabilire il dialogo, è il primo fulcro della sua attenzione».
Appunto magia, arte della veggenza e della trasformazione degli elementi che, nelle fatate mani di Luigi De Giovanni, si fanno fiore che bacia l’amore, montagna che cammina, sogno pan di spagna, ed è il pittore stesso ad affermare che, per lui, «l’arte è la ricerca fatta momento per momento, [arte che] è la sua vita, i suoi sentimenti, i suoi turbamenti. L’arte [che per lui] è poesia della figura, del paesaggio e dei fiori che cambiano con la luce. L’arte è nella luce forte del Salento ed in quella enigmatica della Sardegna. L’arte è nell’angoscia e nella sofferenza del vivere, è nel vissuto dei Jeans. L’arte, [il pittore] la ritrova nella parte più spirituale della vita».
Maurizio Nocera

Anche Luigi De Giovanni a Firenze

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