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Titolo: Ossimori pittorici
“Ossimori pittorici” è il titolo della mostra di Luigi De Giovanni, che si potrà visitare fino al 30 luglio ’19 al castello Risolo di Specchia. Le opere in esposizione prendono in considerazione le contraddizioni interiori dell’artista che, addentrandosi nel paesaggio, nelle nature morte o nelle angosce, trova il suo discorso: la sua pittura. È così che si perde nei colori, nell’humus dei suoi luoghi amati, dove anche un fiore ha i suoi significati, per procedere con più furia nei suoi tormenti fatti di conflitti sociali, di lotte per il potere o contro il potere troppo spesso oppressivo e ingiusto. L’artista in questa esposizione, sintesi del suo lavoro e del suo pensiero di sempre, indaga la società, con le incoerenze che la caratterizzano, trovando pace nella bellezza malinconica del breve tempo dei fiori recisi e nella poesia del paesaggio che sa suscitare poetiche emozioni in tutte le stagioni. Le sue angosce cominciano a manifestarsi nel tuffo quasi religioso nei campi di papaveri dove il rosso si accende e si adombra suggerendo pennellate intense che fanno sentire l’urlo dei caduti nei campi di battaglia dove nello spirituale oriente i comandanti lanciavano i semi di questo fragile fiore per farli rifiorire in una speranza dolorosa ma di vita: vita spezzata dall’egoismo dell’uomo che ambisce al potere. I climi lividi di segni sempre più aggressivi penetrano il supporto pittorico, tele o jeans, sino a caricarsi del pensiero dell’artista in una denuncia del suo dolore interiore che guarda alla natura anche lei tradita, sfruttata dalla forza bruta e selvaggia dell’uomo che nel suo voler essere perfetto si manifesta nella sua malvagità.
Luigi De Giovanni, in questo modo, con la sua pittura istintiva e traboccante di tracce dei percorsi delle idee, si apre all’esterno seguendo sensazioni che si palesano nel suo addentrarsi nel colore, canale delle sue elucubrazioni che trovano origine lontano quando lui riusciva a vedere l’immaginazione al potere: un sessantotto tradito e distorto nei tanti sogni. Tradito negli ideali ormai lontani ma ben descritti nelle opere intitolate “Carte” dove le ferite, ancora sanguinanti d’un rosso marcescente e raggrumato, suturate con garze e fili colorati perché il colore è conforto, brucianti ancora di delusione, sono tracciate da pennellate che lasciano segni espliciti di angoscia e di rassegnazione. De Giovanni si rasserena nella natura, che non lo tradisce mai e che gli consente di riprendere i fili del suo animo che si inoltra, oltre il reale, nella spiritualità suggerita dai luoghi amati. I suoi paesaggi, in quest’occasione, recenti e del Salento, dipinti nei mutamenti stagionali, raccontano una terra con i fusti contorti degli ulivi feriti e spogli, i muretti a secco che si vestono di bianco, la terra rossa che accende gli scorci, il mare che invita ad un bagno estivo, le fioriture primaverili che inebriano sino a far trovare l’armonia del creato. Il paesaggio prosegue il suo discorso nello studio con i fiori recisi che dalla rigogliosità piena di speranza dei boccioli di vita lasciano cadere i petali nel tramonto dei loro giorni per donare atmosfere coloristiche che sanno di poesie e malinconie: paesaggi e fiori che nel tempo si ripetono nei loro discorsi e parlano di bellezza e speranza. Le carte con le garze che suturano ferite troppo profonde e troppo spesso nascoste nei cuori delle persone svelano fragilità e sofferenza di chi, smarrito, cerca la strada della salvezza. I jeans, nel loro racconto di lavoro e rivoluzione delle idee purtroppo deluse, ormai diventati apparenza, strappati e lisi prima d’essere usati in una finzione vuota hanno perso la loro forza evocativa per diventare oggetto consumistico e vuoto. Nei Jeans l’essere pare non avere più valore al suo posto c’è l’uomo smarrito che, ingannando sé stesso, ritiene di vivere una vita piena e giusta. La mostra è tutto questo: un’indagine profonda della società dove l’essere conta meno dell’apparire, dove la finzione è più vera del reale, dove l’artista denuncia una maggiore coerenza con il vero senso del vivere in armonia.
La mostra è stata presentata da Raffaele Polo che curato il testo critico in catalogo, allestita dell’Arch. Stefania Branca e organizzata da Il Raggio Verde Edizioni, Arteluoghi e e20cult con il patrocinio del Comune di Specchia in collaborazione con la Pro Loco di Specchia.
Federica Murgia
Info: federica@murmurofart.com
Cell. 3292370646
www.degiovanniluigi.com
Titolo: Ossimori pittorici
“Ossimori pittorici” è il titolo della mostra di Luigi De Giovanni, che si potrà visitare fino al 30 luglio ’19 al castello Risolo di Specchia. Le opere in esposizione prendono in considerazione le contraddizioni interiori dell’artista che, addentrandosi nel paesaggio, nelle nature morte o nelle angosce, trova il suo discorso: la sua pittura. È così che si perde nei colori, nell’humus dei suoi luoghi amati, dove anche un fiore ha i suoi significati, per procedere con più furia nei suoi tormenti fatti di conflitti sociali, di lotte per il potere o contro il potere troppo spesso oppressivo e ingiusto. L’artista in questa esposizione, sintesi del suo lavoro e del suo pensiero di sempre, indaga la società, con le incoerenze che la caratterizzano, trovando pace nella bellezza malinconica del breve tempo dei fiori recisi e nella poesia del paesaggio che sa suscitare poetiche emozioni in tutte le stagioni. Le sue angosce cominciano a manifestarsi nel tuffo quasi religioso nei campi di papaveri dove il rosso si accende e si adombra suggerendo pennellate intense che fanno sentire l’urlo dei caduti nei campi di battaglia dove nello spirituale oriente i comandanti lanciavano i semi di questo fragile fiore per farli rifiorire in una speranza dolorosa ma di vita: vita spezzata dall’egoismo dell’uomo che ambisce al potere. I climi lividi di segni sempre più aggressivi penetrano il supporto pittorico, tele o jeans, sino a caricarsi del pensiero dell’artista in una denuncia del suo dolore interiore che guarda alla natura anche lei tradita, sfruttata dalla forza bruta e selvaggia dell’uomo che nel suo voler essere perfetto si manifesta nella sua malvagità.
Luigi De Giovanni, in questo modo, con la sua pittura istintiva e traboccante di tracce dei percorsi delle idee, si apre all’esterno seguendo sensazioni che si palesano nel suo addentrarsi nel colore, canale delle sue elucubrazioni che trovano origine lontano quando lui riusciva a vedere l’immaginazione al potere: un sessantotto tradito e distorto nei tanti sogni. Tradito negli ideali ormai lontani ma ben descritti nelle opere intitolate “Carte” dove le ferite, ancora sanguinanti d’un rosso marcescente e raggrumato, suturate con garze e fili colorati perché il colore è conforto, brucianti ancora di delusione, sono tracciate da pennellate che lasciano segni espliciti di angoscia e di rassegnazione. De Giovanni si rasserena nella natura, che non lo tradisce mai e che gli consente di riprendere i fili del suo animo che si inoltra, oltre il reale, nella spiritualità suggerita dai luoghi amati. I suoi paesaggi, in quest’occasione, recenti e del Salento, dipinti nei mutamenti stagionali, raccontano una terra con i fusti contorti degli ulivi feriti e spogli, i muretti a secco che si vestono di bianco, la terra rossa che accende gli scorci, il mare che invita ad un bagno estivo, le fioriture primaverili che inebriano sino a far trovare l’armonia del creato. Il paesaggio prosegue il suo discorso nello studio con i fiori recisi che dalla rigogliosità piena di speranza dei boccioli di vita lasciano cadere i petali nel tramonto dei loro giorni per donare atmosfere coloristiche che sanno di poesie e malinconie: paesaggi e fiori che nel tempo si ripetono nei loro discorsi e parlano di bellezza e speranza. Le carte con le garze che suturano ferite troppo profonde e troppo spesso nascoste nei cuori delle persone svelano fragilità e sofferenza di chi, smarrito, cerca la strada della salvezza. I jeans, nel loro racconto di lavoro e rivoluzione delle idee purtroppo deluse, ormai diventati apparenza, strappati e lisi prima d’essere usati in una finzione vuota hanno perso la loro forza evocativa per diventare oggetto consumistico e vuoto. Nei Jeans l’essere pare non avere più valore al suo posto c’è l’uomo smarrito che, ingannando sé stesso, ritiene di vivere una vita piena e giusta. La mostra è tutto questo: un’indagine profonda della società dove l’essere conta meno dell’apparire, dove la finzione è più vera del reale, dove l’artista denuncia una maggiore coerenza con il vero senso del vivere in armonia.
La mostra è stata presentata da Raffaele Polo che curato il testo critico in catalogo, allestita dell’Arch. Stefania Branca e organizzata da Il Raggio Verde Edizioni, Arteluoghi e e20cult con il patrocinio del Comune di Specchia in collaborazione con la Pro Loco di Specchia.
Federica Murgia
Info: federica@murmurofart.com
Cell. 3292370646
www.degiovanniluigi.com